Qualche tempo fa, era settembre 2005, nelle strade del mio quartiere un motociclista, poi rivelatosi anche un lontano conoscente, perse la vita a causa dei dossi rallentatori che sono stati installati per far rispettare il ridicolo limite di velocita’ di 30km/h vigente in tutto il quartiere.
Le indagini hanno portato in primo grado all’assoluzione del comune in quanto i dossi sono a norma, infatti non sono illuminati, non hanno illuminazione passiva e il colore che li dovrebbe segnalare sbiadisce dopo pochissimo tempo, senza contare la nebbia d’inverno o i giorni di pioggia in cui si confondono con tutto il resto della strada, ma c’e’ il cartello ‘attenzione dossi’.
Ebbene, ieri altro morto, sempre motociclista, sempre stesse circostanza, velocita’ pazzesche (si narra che il morto del 2005 andasse a 62, leggasi sessantadue, chilometri l’ora), un po’ piu’ giovane visto che aveva 25 anni.
Mi chiedo, e mi ripeto, da quando sia entrata in vigore la pena di morte per l’eccesso di velocita’, e perche’ non mettere direttamente un fucile collegato con un velox, sarebbe piu’ rapido e indolore.

Leggo su La Repubblica:
Ma Cerchiai ha invece lanciato il grido d’allarme sul Tfr: l’adesione ai fondi, anche se ancora non ci sono dati certi, sembra piuttosto deludente. La causa dello scarso numero di adesioni, sostiene il presidente dell’Ania, sta principalmente nell’impossibilità per il lavoratore di tornare indietro una volta deciso di devolvere alla previdenza complementare il Tfr o il rischio di perdere il contributo del datore di lavoro se si sceglie una polizza previdenziale o un fondo aperto. Il rischio che quindi la previdenza complementare non decolli mai, ritiene Cerchia, ‘E’ un rischio grave che dovrebbe indurci tutti a tornare a riflettere su alcune delle decisioni assunte’.
Un genio, non c’e’ che dire…manca solo che anche i sindacati, ora si lamentino. Finche’ c’era la speranza tutti zitti zitti, come pescatori in attesa che il pesce abbocchi all’amo, poi, accortisi che la pesca e’ stata magra, si lamentano con il proprietario del laghetto.

Per vari motivi, ho modo di leggere piuttosto spesso riviste femminili, in particolare Grazia. E’ interessante perche’ consente di vedere il mondo con occhi prettamente femminili, diversamente da testate generaliste in cui le donne, comunque, devono scrivere in maniera piu’ asettica. Questa rivista invece, essendo scritta da donne per le donne, offre una finestra su un modo di pensare diverso al quale sono abituato.
Comunque, stavo leggendo il numero in edicola la settimana scorsa quando incappo in un articolo dal titolo ‘Chi ha paura dell’inquinamento’, incuriosito inizio a leggere e scopro che in realta’ si parla di trucchi.
Generalmente sono contrario ai trucchi intesi come prodotti atti ad interagire con il fisico, ovvero ‘nutrienti’, ‘idratanti’, ‘rigeneranti’, ‘sarcazz’, in quanto penso che siano tutte stupidaggini…il trucco serve a coprire imperfezioni, nascondere o esaltare variando le luci, il prodotto da banco non puo’ (e non deve) curare o comunque avere effetti ulteriori, altrimenti diventa farmaco.
Leggo un riquadro ‘Nuvola anti-cellulari’, in cui si pubblicizza (eh beh, non credo che i prosotti presentati nell’articolo ci siano per meriti sportivi 🙂 ) un nuovo articolo, tale Expertise 3P Brume ecran della Clarins, che avrebbe, udite udite, la proprieta’ di bloccare le dannose onde elettromagnetiche che rovinano la pelle grazie al suo principio attivo Magnetic Defense.
Ora, che le onde elettromagnetiche siano dannose e’ tutto da dimostrare, che poi il danno sia di far invecchiare la pelle precocemente mi pare addirittura sconvolgente, un po’ come sui pacchetti di sigarette in cui c’e’ scritto, appunto, ‘il fumo invecchia la pelle’. Perche’ se uno non si preoccupa del tumore al polmone stai ben certo che smette di fumare per paura della pelle sciupata.
Per quel poco di fisica che ho studiato, l’unico modo in cui questa pubblicita’ possa essere considerata non ingannevole e’ che all’interno della confezione ci fosse si’, la boccetta di prodotto da spruzzare come ‘una nuvola fresca e profumata all’acqua di rosmarino’, ma anche una bella gabbia di Faraday.

Oggi evidentemente sono in vena prolissa e, straordinariamente scrivo un’altra volta nel weblog nella stessa giornata.
Prendo spunto da cio’ che ha riportato il caro amico Mayhem, ovvero ‘La statistica è come un bikini. Mostra un sacco di cose. Ma quelle vitali le nasconde.’ (si’, fa sorridere anche me), per riprendere un articolo de La Repubblica sui ciclisti: la strage dei ciclisti
Nell’articolo si spiega come in 3 anni ci siano stati, in tutta Italia, ben 1000 morti su due ruote (senza motore), e via con i paragoni del tipo ‘in 6 mesi un numero di morti pari ai partecipanti il Giro d’Italia’. 1000 e’ un numero alto, e certo sarebbe meglio che fossero 0, non discuto su questo, ma sul modo di dare le informazioni. Dov’e’ la notizia ? Dov’e’ lo scoop ? 1000 morti in 3 anni sono meno di un morto al giorno in tutta Italia. E’ cosi’ scandaloso ? Ripeto, meglio se fossero azzerati, e la gente morisse di altre cose tipo un infarto durante l’amplesso, ma tant’e’.
Ora, come dice la frase ad effetto riportata da Mayhem, vengono tenute nascoste le cose interessanti come ad esempio come siano morti questi ciclisti. Perche’, ovviamente, tutti pensano che siano stati investiti da pirati della strada, schiacciati contro i guard rail su strade senza ciclabili e cosi’ via, mentre invece sarebbe utile andare ad analizzare proprio i motivi delle morti.
Io vado in bici di tanto in tanto, e sicuramente potrei cadere durante una discesa, battere la testa e morire. Ricadrei nei 1000 ? L’anziano che, qualche mese fa, tornando di notte dal bar e’ finito nel fosso, morendo, rientra nei 1000 ? E l’altro che e’ morto di infarto durante una gara in un paese vicino, rientra nei 1000 ?
Il problema nel dare queste notizie e’ che si crea un clima di apprensione, come nel caso delle moto. E’ vero, ce ne sono tante e tanti sono i centauri che ogni anno muoiono sulle strade, ma e’ possibile sapere anche una statistica sulle modalita’ delle morti ? Perche’ se un’auto apre la portiera, se un motociclista la prende e muore la colpa non e’ del motociclista, e se cade per colpa dei dossi rallentatori, non e’ colpa sua, o per precedenze non rispettate e cosi’ via.
Infatti, per terminare l’opera l’articolo chiude con la frase ‘Tutto questo, in estrema sintesi, è la prova lampante di come automobilisti e motociclisti rispettino molto poco i poveri utenti delle biciclette…’. Cioe’, fatemi capire, i motociclisti, che muoiono in numero estremamente piu’ alto dei ciclisti, non darebbero loro rispetto ? Io in moto se prendo sotto un ciclista e’ altamente probabile che cada a mia volta, e considerando che la moto pesa oltre 200 kg e probabilmente mi cadra’ su una gamba, la velocita’ etc, mi faro’ male, spesso piu’ del ciclista stesso. Quindi, caro il mio Vincenzo Borgomeo, questo articolo e’ la prova lampante che non vai in moto e che probabilmente hai preso dei dati di qualche rapporto, messo giu’a caso qualche dato per ottenere un pezzo da consegnare in fretta in redazione.

Ogni tanto, quando sono in pausa pranzo e mi ricordo di farlo, leggo le strisce di Dilbert, un personaggio che rappresenta un po’ tutti coloro che lavorano in aziende tecnologiche, con i loro aspetti negativi (i capi, i cubicoli, i colleghi) e quelli positivi (mah…).
A volte non le capisco, specie quando fanno leva su giochi di parole, ma spesso ci sono delle chicche 🙂
Giusto un paio:

Mentre questo e’ uno dei suoi colleghi:

Dategli un’occhiata, ne vale la pena, anche perche’ l’autore si ispira alle lettere che gli inviano vari dipendenti, e quindi le storie non sono troppo distanti dalla realta’. Io mi ci ritrovo piu’ spesso di quanto vorrei 🙂

Una mia cara amica, dopo essere rimasta folgorata dal libro ‘Il codice Da Vinci’ di Dan Brown, ha acquistato anche il libro che lo precedeva ‘Angeli e demoni’ e successivamente anche l’ultimo prodotto dallo stesso autore, ‘Crypto’.
Incuriosito dal titolo, leggo la trama che viene scritta sulla spalla della copertina e da quello che ho capito, sembra tratti le vicende di un tizio che dopo avere lavorato per l’NSA (la National Security Agency statunitense) su un sistema di decifrazione globale, ha abbandonato l’agenzia per scrivere e rilasciare pubblicamente un algoritmo di cifratura estremamente forte, tanto che nemmeno ilsistemone dell’NSA riesce a decifrarlo (o craccarlo ?). La trama quindi dovrebbe girare tutta attorno alla liceita’ di rilasciare pubblicamente un qualcosa che impedisce ai governi di entrare in possesso di alcune informazioni.
A questo punto, la prima idea che passa per la mente e’ che sarebbe deleterio, chissa’ cosa farebbero i terroristi con qualcosa del genere in mano, e che soprattutto ‘io non ho nulla da nascondere’. Ebbene, la questione rimane tale finche’ non si viene colpiti nel personale o non si vedono fatti e avvenimenti che sono accaduti, come ad esempio l’aumento delle intercettazioni telefoniche, spesso abusive, i controlli mediante telecamere nelle varie citta’ e molti altre azioni, perpetrate a nostro danno in nome di una sicurezza che, in realta’ sarebbe da garantire con altri mezzi, ad esempio evitare il terrorismo eliminando alla fonte il problema risolvendo la questione israelo-palestinese.
Ebbene, tornando alla cifratura, quanti sarebbero contenti che il proprio datore di lavoro controllasse le proprie email (e avviene molti piu’ spesso di quanto si pensi, all’insaputa dei lavoratori…) perche’ non cifrate, oppure i siti web che vengono visitati perche’ non protetti, oppure che qualcuno vada a frugare nella nostra posta cartacea ? Siamo davvero sicuri che non abbiamo niente da nascondere ? A volte non si deve nascondere qualcosa perche’ e’ illegale, ma semplicemente perche’ e’ la nostra liberta’. Un omosessuale, davvero puo’ parlare liberamente di se’ in ufficio, senza temere ritorsioni ? Davvero un malato di AIDS puo’ visitare siti che lo mantengono in contatto con comunita’ o gruppi di discussione senza temere contraccolpi ?
Il fatto di non avere nulla da nascondere non impedisce che il nostro vivere quotidiano sia invece possibile preda di persone poco pulite. Oppure semplicemente non vogliamo che altri sappiano i fatti nostri. Se le forze dell’ordine volessero sapere qualcosa di me, possono chiedermelo liberamente, gli strumenti ci sono tutti.
I terroristi ? Hanno da sempre comunicato con qualsiasi sistema, senza comunque ricevere blocchi o limitazioni alla propria attivita’, perche’ quindi limitare la liberta’ di milioni di persone per qualcosa che, alla fine, non ha mai dimostrato la reale efficacia ? Tra i terroristi ci sono sicuramente persone in grado di sviluppare algoritmi crittografici, magari non fortissimi, ma che sappiano tenere a bada i crittoanalisti per qualche anno, o anche mese, comunque sufficentemente per portare avanti i loro traffici.
Vogliamo davvero che le poste siano possibili solamente tramite buste trasparenti ? Vogliamo davvero che l’unico server delle email inviate sia dello stato ? Vogliamo davvero dover comunicare ad una qualche agenzia ogni nostro movimento ? Immagino la risposta sia no, eppure…eppure…le buste possono essere ‘aperte per ispezione postale’, le email possono essere intercettate obbligando i provider a dare loro tutto il traffico, le telecamere fanno sapere dove siamo. Ovviamente il tutto a nostra insaputa. Poi, magari dopo anni, si scopre che siamo stati sotto osservazione e ci scandalizziamo, come e’ accaduto con le intercettazioni telefoniche abusive.
Per cui si’ alla cifratura, sempre e comunque, ogni volta che sia possibile. Se poi e’ necessario sapere quello che e’ stato cifrato, beh…basta chiedere. Perche’ ‘se io non ho niente da nascondere, non significa che altri vedano in quello che faccio, qualcosa che andrebbe nascosto.