“Ho imparato a sognare,
quando inizi a scoprire
che ogni sogno
ti porta più in là
cavalcando aquiloni,
oltre muri e confini
ho imparato a sognare da là” [Negrita]
Domenica 20 giugno 2021 è il giorno in cui, dopo tanto tempo, ho finalmente raggiunto il mio sogno (ciclistico): ho portato a termine il percorso lungo della Sportful Dolomiti Race.
Potrei finire qui, non ci sarebbe molto da aggiungere perchè tutto il resto è contorno, tutto il resto perde importanza, spazzato via dal sudore, dalla fatica, dal dolore degli ultimi chilometri del passo Manghen, dalla bellezza delle pale di San Martino che si aprono davanti agli occhi scollinando il Passo Rolle, dalla cattiveria finale del Passo Croce d’Aune. Potrei, ma voglio lasciare e lasciarmi un ricordo di questo giorno che non dimenticherò, perchè se è vero che le cose importanti della vita sono altre e per me il ciclismo è, fondamentalmente, un gioco in cui sono pure un perdente, bisogna saper cogliere le piccole e grandi soddisfazioni che riusciamo a costruirci, a volte con sacrificio.
Il 2017 è stato l’anno del ritiro, poi nel 2018 ho portato a casa un percorso corto perchè la preparazione non era ottimale ma mi ero comunque divertito pur rimanendo con la delusione dell’obiettivo mancato, nel 2019 non mi sono nemmeno presentato al via.
Il 2020 è stato l’anno della pandemia Covid-19 e tutte le gare sono saltate, molti che ho sentito hanno risentito del clima psicologico e hanno perso la voglia di pedalare, io invece mi sono trovato ad impegnarmi di più: tanti rulli, uscite vicino casa come previsto dai vari regolamenti se possibile, e poi ancora rulli. L’obiettivo era uno solo: la Sportful Dolomiti Race del 2021. Non volevo mancare l’obiettivo, volevo arrivare preparato, volevo portarla in fondo.
Le gare di avvicinamento sono state un po’ improvvisate, prima la GF Avesani, di cui ho saputo lo svolgimento pochi giorni prima, poi la GF Eddy Merckx pure inserita all’ultimo momento, ma entrambe buone per capire il livello di preparazione a ritmi gara: i responsi, per vari motivi, non sono stati molto soddisfacenti ed infatti invece di chiarirmi le idee queste si sono fatte ancor più confuse.
Parto quindi per Feltre il sabato mattina sotto un sole caldissimo (il fine settimana viene dato come rovente), dopo una breve uscita in bici, da solo perchè il mio fido accompagnatore (mio fratello) ha deciso di prendersi un periodo di stacco dalla bici, l’idea è, fondamentalmente, di provare il lungo in ogni caso e, se proprio dovrà andare male, ritirarmi, ma ci dovevo provare. Qualcuno, come il compagno di squadra Paolo, insiste perchè persegua questo proposito, che è il mio sogno e devo lottare per raggiungerlo. Arrivo e vado direttamente a ritirare il pacco gara, non c’è quasi nessuno e in pochi minuti espleto tutte le formalità, poi torno all’auto e vado al solito hotel di Lamon. Più tardi torno a Feltre per incontrare Giancarla e Matteo e fare due chiacchiere. Poi di nuovo Lamon per preparare la bici, mangiare qualcosa in una pizzeria d’asporto e alle 20.30 sono già a letto. Nei primi minuti penso a tutto quello che ho fatto, ai consigli seguiti, agli allenamenti, dopo un po’ mi addormento: dormiro’, incredibilmente, poco più di quattro ore, che sono davvero tantissime rispetto al solito, e probabilmente solo perche’ verso le 00:30 qualcuno ha deciso di accendere qualcosa che assomigliava ad un compressore, da li solo qualche dormiveglia fino al suono del cellulare: 4.15
Vado a mangiare qualcosa, non troppo perchè ho già mangiato abbastanza nei giorni precedenti, finisco di preparare e caricare la bici e poi giù verso Feltre. La strada è sostanzialmente vuota alle 5.30, arrivo, trovo un bel posto per parcheggiare proprio davanti ad un bar in cui posso usufruire del bagno. Pochi minuti dopo le 6 sono già in griglia. Pochi minuti dopo mi raggiunge l’amico Fabio e a seguire il compagno di squadra Simone. Paolo no, è in un’altra griglia cosi’ come l’amico Michele e Anastasia. Il tempo passa veloce e presto arrivano le 7 ora del via, scandita dall’ululato del lupo che echeggia nel centro di Feltre. Il sole scalda, ma fortunatamente una velatura lo renderà sopportabile per quasi tutto il percorso ma sarà l’umidità a farla da padrona.
Come gli altri anni noto che la partenza non è indiavolata come all’Avesani dove i primi km sembrava una gara in circuito, cerco quindi un gruppetto buono cui agganciarmi, che non vada troppo forte e con cui arrivare alla salita di Cima Campo. Mi sembra di stare bene, non forzo troppo e arrivo ad Arsiè con il PR migliorato di oltre 2 minuti e mezzo ad una media di 37km/h.
Cima Campo
Uno dei grossi problemi di questa salita, che non e’ complicatissima non avendo pendenze particolarmente ostiche (pur essendo una salita vera e molto lunga con i suoi 12km), è quello mentale: tu sei li che pedali e stai dando il massimo e vieni superato in continuazione (anche Anastasia mi supererà, ne approfitto per scambiare due parole prima che si dilegui). Il motivo è presto detto: la griglia di partenza viene assegnata in base all’iscrizione (a parte i primi che sono davanti), per cui è molto facile avere dietro centinaia di persone più forti che iniziano a prendere il sopravvento, e la cosa continua anche per il resto della corsa, ma è soprattutto nei primi chilometri di salita che ciò è più evidente e questo mette in forte apprensione. Io controllo il misuratore di potenza e cerco di non strafare, noto però che i battiti cardiaci restano sempre un po’ troppo bassi (forse per il caldo e l’afa) rispetto alla normalità e questo non è mai un buon segnale, in più il ginocchio sinistro inizia a dare un po’ fastidio come successo nell’ultima settimana, ma poi fortunatamente non darà problemi. Alla fine termino l’ascesa con una media di 201W per una VAM di 716m/h e solo 2 minuti in più rispetto al miglior tempo del 2017.
Segue poi la discesa e la salitella che portano all’attacco del Manghen ma ormai ho deciso: si tira dritto per il lungo.
Passo Manghen
L’inizio del Manghen non è complicato per una buona prima parte, è successivamente che mostra tutta la sua cattiveria, soprattutto nei 6 km finali, dopo che se ne sono affrontati 12. Le sensazioni non sono delle migliori, un po’ il caldo ma sento la gamba vuota, fatico a spingere ed il cuore che non sale. Mi fermo al ristoro che si trova a metà circa per fare rifornimento idrico e poi riparto. Gli ultimi km sono come una sciabolata nelle gambe, resisto al desiderio di fermarmi perchè mollare qui, a nemmeno metà sia del dislivello totale che della distanza, sarebbe un duro colpo per il morale. Stringo i denti e alla fine riesco a raggiungere il passo. Non ho riferimenti perchè quando lo feci nel 2017 poco dopo la metà il Garmin decise di morire, però come riferimento nel tratto iniziale di 11km fino a Calamento sono andato più piano di circa 1 minuto e mezzo su 1h09m di salita: direi un’ottima costanza, considerando che le sensazioni erano totalmente diverse. In totale 2h12m11s di ascesa, con un valore di potenza media di soli 168W e 149bpm (max 159bpm a dimostrazione che il cuore non riusciva a salire)
Discesa veloce con il pensiero di trovare un bel gruppetto con cui fare la val di Fiemme e arrivare a Predazzo. Purtroppo non sarà cosi’ perchè trovo un gruppo che però non si mette d’accordo ed i primi iniziano a strappare con brusche accelerazioni per cui (errore madornale) preferisco mollarli: rimango cosi’ “a bagnomaria” in solitaria, vedendoli allontanarsi un po’ alla volta, pedalando completamente al risparmio in attesa di affrontare il resto del percorso.
Passo Rolle
In qualche modo arrivo a Predazzo, piuttosto stanco ma con la consapevolezza che questa è sì una salita lunga con i suoi quasi 20km, ma nella parte centrale ha un’ampia porzione con pendenza molto dolce che consente di recuperare. Incontro per la seconda volta il ragazzo che ha parcheggiato l’auto di fianco alla mia, lo supero mentre lo incito a non mollare, ma fatto un tornante lo vedo arrancare: lo rivedrò a Feltre dopo essere arrivato a bordo dell’autobus. La bellezza e la maestosità delle Pale di San Martino si apre poco prima di arriva in cima al passo, ed è una visione che fa venire i la pelle d’oca: vengo pervaso da una sensazione di euforia che mi fa pensare che ormai sia fatta, ma è una sensazione che ricaccio indietro, con la consapevolezza che manca ancora molto all’arrivo e c’è ancora tanto dislivello, per nulla facile, da superare. In cima ne approfitto per l’ennesimo ristoro, stavolta un po’ meno rapido del solito, e ne approfitto per lanciare un saluto ad un motociclista con un’Honda CBR1100XX identica alla mia. Tempo 1h44m48s, con una potenza media di 143W e 139bpm (bisogna considerare che c’è il lungo tratto intermedio che abbassa i valori).
Discesa molto veloce e bella e nel finale trovo un gruppetto con cui arrivare ai piedi del Croce d’Aune: purtroppo nessuno ha voglia di tirare (io nemmeno, lo ammetto) e solo un paio vengono lasciati davanti che, comprensibilmente, vanno con il freno a mano tirato.
Passo Croce d’Aune
Quando lo feci nel 2018, avevo fatto il medio, quindi avevo meno chilometri e meno dislivello nelle gambe, ricordo che andai su abbastanza tranquillo ed infatti non lo ricordavo così duro e lungo come invece l’ho riscoperto domenica: 10.7km che sembravano non finire mai, e soprattutto con pezzi piuttosto duri. Mi è venuto in mente un post su un forum in cui si diceva che “il tratto duro è quello dove c’è la chiesetta”…sarà ma io di chiesette ne ho contate almeno quattro e l’avviso calzava per ognuna di esse. L’emozione, però, quando si arriva in cima, dopo avere arrancato, è indescrivibile, un’onda di soddisfazione ti travolge sapendo che adesso sì, è davvero fatta, adesso manca veramente poco per coronare un sogno cercato, inseguito, e fortemente desiderato. Adesso, dopo 1h00m34s (meno di un minuto di ritardo dal tempo del 2018) manca solo la discesa, un breve tratto di pianura e poi l’arrivo a Feltre.
L’arrivo
I cartelli nelle salite indicano i km al termine dall’ascesa e sono pugni nello stomaco, sberle a mano aperta perchè stai arrancando, sai che hai ancora tanti km davanti, e questi cartelli a distanza di 1000m l’uno dall’altro sembrano non arrivare mai. Ma qui, ora, indicano quanto manca all’arrivo, l’emozione nel vederli da lontano: 5km…4km…3km…2km, la discesa davanti al palazzetto, “ultimo chilometro”, lascio andare il gruppetto con cui stavo per godermi un arrivo solitario, curva a sinistra, il pavè, il cartello “Per oggi basta salite” proprio sull’ultima rampa sopra la quale è piazzato lo striscione di arrivo. Spingo con quello che mi resta e in fondo a quei 400m, finalmente, mi prendo il sogno tanto inseguito.
Tempo totale: 10h49m07s (10h10m11s in movimento)
Considerazioni finali
Aver raggiunto il mio obiettivo principe, dopo i lunghi in varie Nove Colli, è fonte di estrema soddisfazione. Certo, il tempo nè mediocre, alla fine arrivo, come sempre, nell’ultimo 10% circa della classifica, ma sinceramente a me sta benissimo così. So quali sono i sacrifici che faccio per praticare uno sport iniziato molto tardi e che, per numerosi fattori, non è adatto a me e alle mie caratteristiche fisiche, ma nella vita bisogna saper riconoscere i propri limiti, magari spostarli un po’ sapendo però che non tutti possono correre i 100m piani sotto i 12 secondi. Seguo con piacere ed ammiro con sana invidia chi fa le stesse gare in una, due o tre ore in meno, sono contento per loro, ma sono ancor più contento per me, perchè so la fatica che ho fatto per arrivare al traguardo nonostante ci abbia messo quasi 11 ore.
I dati Strava