Ed anche l’edizione 2017 della Nove Colli se n’e’ andata. Tra luci ed ombre, forse piu’ ombre che luci, ma se n’e’ andata. Ed eccone il resoconto, per chi avesse voglia di leggerlo 🙂
Dopo la GF Felice Gimondi la mia testa era piena di dubbi circa le possibilita’ di portare in fondo la Nove Colli, ma dovevo almeno provarci. Ho proseguito con gli allenamenti e sono arrivato abbastanza sereno alla vigilia, serenita’ offerta dalla consapevolezza di avere fatto tutto quello che era previsto, che le potenzialita’ incamerate erano quelle e non si poteva fare altro e che i percorsi sono due.
La vigilia io e mio fratello partiamo presto, volendo vedere Giancarla partire per la Running, e alle 8.15 siamo gia’ in strada direzione Cesenatico. Durante il viaggio il cielo e’ nuvoloso, e si sapeva, poi all’incirca a Faenza ci coglie un acquazzone piuttosto importante: le previsioni dicono che la domenica dovrebbe essere coperto e con qualche sprazzo di sole e noi ci speriamo a dispetto di quello che accade. ‘Tempo, cul e siori i fa quel che i vol lori’.
Arrivati a Cesenatico possiamo evitare l’incombenza del ritiro pacchi gara, di cui si occupa la squadra, per cui scarichiamo l’auto, vado a prendere le bici da passeggio che ho prenotato da un noleggiatore e cerchiamo di andare a vedere la partenza della Running sul filo dei minuti, prendendo anche un po’ di pioggia. Purtroppo, anche quest’anno, la sbagliamo di pochi minuti arrivano al porto canale alle 12.10. Ci ripariamo in un bar per un aperitivo in attesa della squadra e del pranzo.
Da tradizione il pranzo al Levante 56 si conferma un’ottima scelta, poi visita veloce agli stand, gelato, sistemazione bici ed e’ ora di cena.
Purtroppo, come al solito, dormo pochissimo (meno di un’ora) e continuo a girarmi nel letto con il pensiero al ginocchio che mi ha fatto male alla Gimondi e che, ogni tanto si fa sentire. Alle due del mattino mio fratello si alza, guarda fuori: diluvio. Che palle, non ho voglia di farmi quasi nove ore sotto la pioggia, davvero non ne ho voglia. Le restanti due ore passano con un pensiero in piu’.
La sveglia suona alle 4, mi alzo, mi guardo allo specchio e sembro uno straccio. Pazienza, e’ sempre cosi’. Mi vesto e proseguo con le operazioni di rito e colazione leggera, visto che sono stato abbondante il giorno prima. Fortunatamente ha smesso di piovere, l’aria e’ freddina ma meno del previsto e le nuvole minacciano ancora, ma abbiamo fiducia. Alle 5.30 passiamo a prendere un compagnio di squadra che alloggia in un hotel vicino ma e’ gia’ partito pochi istanti prima e via, in direzione griglia sulle strade umide.
Entriamo nella griglia blu piuttosto tardi ed infatti siamo praticamente in fondo (dobbiamo velocizzare questo aspetto), e dopo poco si parte.
La partenza della Nove Colli e’ quella che tollero maggiormante. E’ un pronti/via ai 40km/h ma se si trova il treno giusto non e’ impossibile come tante altre, e poi si hanno quaranta minuti circa perche’ il corpo si abitui prima di arrivare al Polenta, il colle che apre la serie di nove. O quattro. Mio fratello ha steso l’elenco dei tempi di percorrenza di tre anni fa, quando facemmo il nostro ‘best of’ ed arriviamo sotto la prima ascesa in anticipo di qualche minuto. Le sensazioni sono buone, il gruppo va via bene e non ho problemi, riusciamo anche a passare in gruppi un po’ piu’ veloci finche’ non vediamo che davanti non c’e’ nessuno.
Il Polenta lo affrontiamo bene, nessun grosso intasamento e siamo ancora in anticipo sulla tabella di marcia, ottimo, avanti cosi’. Anche la successiva discesa va via rapida, le strade sono umide, si deve fare molta attenzione, ma partire dalla griglia blu ha questi grossi vantaggi: treni abbastanza veloci in pianura, niente ingorghi in salita e gente che sa guidare abbastanza bene in discesa.
La salita di Pieve di Rivoschio va pure via abbastanza bene ma, nei tratti in cui la salita cala il ginocchio sinistro comincia a farsi sentire. Presto, dannazione, troppo presto. In discesa poi e’ piu’ di un fastidio, inizia a fare male e in pianura non va certo meglio.
Il terzo colle, il Ciola, passa senza grossi problemi, a parte sempre il ginocchio dolorante. Inizio a chiedermi se posso fare il lungo o optare per il corto. La gamba non andrebbe male, riesco a spingere abbastanza bene e stare su una media di 220W, ma il dolore c’e’ e non posso far finta di niente. Decidero’ sul Barbotto cosa fare, non c’e’ altra possibilita’, sempre che riesca a farlo. Siamo comunque in anticipo sulla tabella di marcia di qualche minuto.
Fortunatamente tra la discesa del Ciola e la salita del Barbotto non c’e’ pianura e riesco a far riposare il ginocchio e le gambe, ma lo stesso salendo il Barbotto mi fa male.
Il Barbotto lo sento meno faticoso, in molti mi superano ma non me ne curo, imposto il mio ritmo. Ritmo lento, in realta’. Se sul Polenta ho fatto il mio PR, su Pieve di Rivoschio il terzo tempo ad un minuto e mezzo circa dal PR, cosi’ come sul Ciola, sul Barbotto lascio tre minuti e spiccioli. Non ho mai spinto davvero, sono andato abbastanza in contenimento avendo in testa le parole ‘resta in Z3 e la porti a casa, se forzi crolli’.
Arrivato in cima al GPM, passo sotto il gonfiabile con le mani al cielo assieme a mio fratello, come vuole la tradizione: l’anno scorso l’ho aspettato per farlo, quest’anno e’ lui costretto a rallentare l’andatura per aspettare me. Li ho deciso di proseguire per il lungo, senza dire niente salto il ristoro, so che l’intesa assoluta tra me e mio fratello gli ha gia’ fatto capire quale sia, affronto il mangia e bevi successivo e in fondo alla picchiata verso Ponte Uso, giro a destra. Mi fermo al ristoro, ho bisogno di recuperare. La tentazione di prendere un Oki che ho portato via preventivamente e’ forte, ma resisto: lo prendero’ piu’ tardi se servira’ perche’ ci sono ancora alcune ore da stare in bici.
Come con la Gimondi, gia’ pochi km dopo il bivio mi pento della decisione, il ginocchio e’ veramente messo male ed il dolore in alcuni momenti mi costringe ad alzarmi smettendo di pedalare. Sara’ cosi’ fino alla fine: un dolore continuo e forte, specie nei momenti di recupero quando si dovrebbe tirare il fiato.
Sul Tiffi lascio giu’ relativamente poco, circa un minuto, mentre sul Perticara faccio il mio secondo tempo rispetto al 2014 (lasciandoci comunque tre minuti). Altri tre minuti sul Pugliano mentre sul Passo delle Siepi lascio solo pochi secondi.
Piccola nota: io tengo i freni con il fermo aperto, contrariamente a quello che si fa di solito, perche’ mi piace avere la leva con una corsa piuttosto corta e mi infastidisce quando prende gioco, per cui in questo modo posso allungare la mano, se necessario, e stringere i pattini. Non ricordo esattamente quando l’ho fatto ma poi all’attacco di una salita il cambio mi ha dato un problema passando dal 50 al 34 e mi sono dovuto fermare per sistemare la cosa, e mi accorgo che la ruota posteriore non gira: per forza, il freno era disallineato e uno dei due pattini bloccava la ruota. E chissa’ da quando era cosi’. Spero da poco prima, sarebbe uno smacco avere faticato (di piu’) per colpa di una ruota frenata. Spostato a mano il freno alla fine toccava ancora un po’, e l’ho riaperto com’era.
Ormai le forze sono finite e c’e’ ancora il Gorolo, il mio piu’ temuto avversario. ‘Non so se riesco a farlo, al limite tu vai, io arrivo su a piedi’, dico a mio fratello, il quale mi manda bellamente a quel paese.
Ci attacchiamo a qualche gruppo nei km in falsopiano a scendere che portano al nono e ultimo colle, non siamo velocissimi, ma riusciamo a tenere un buon tempo. I cambi si susseguono e alla fine tocca anche a me, e dando sfogo a quel poco che ho riesco a tirare tutto il gruppone per qualche minuto fino ad agganciare il gruppo che ci precedeva. Che non si dica che faccio solo il fagiano 🙂
Il Gorolo, devo dire la verita’, passa senza troppe difficolta’. Cerco, e’ vero, di fare i tratti meno insidiosi, allargando i tornanti, ma ad essere sincero e’ passato meglio di quanto pensassi, con un secondo tempo ad un minuto circa dal PR. Per questo mio fratello mi insultera’ 🙂
Sopra il Gorolo ci si sente piu’ leggeri, c’e’ un’aria diversa che riempie il cuore e inebria la mente. E’ l’aria che profuma di ‘ce l’ho fatta’. Da li in poi e’ tutto piu’ facile. Si superano le ultime asperita’, si scende stando incollati a chi c’e’ davanti e, una volta sul piano finale, si sta a ruota, chiudendo buchi se necessario e rilanciando sui cavalcavia e fuori dalle rotonde. Nel toboga finale mio fratello ha anche il coraggio di scattare, e sono costretto a chiudere per fare il passaggio in parata 🙂
Passo sotto lo striscione di arrivo con la gioia di avercela fatta nuovamente, con un tempo discreto, lontano da quelli che erano i miei obiettivi ma in linea con le prestazioni solite: le salite le ho pagate tutte a parte il Polenta, ho guadagnato quasi sempre in discesa e sui piani. Devo lavorare di piu’ sulla potenza-resistente, non ci sono storie, se voglio stare sotto le otto ore, che e’ il mio obiettivo per il 2018.
Il prossimo appuntamento e’ ancora piu’ impegnativo: la Sportful Dolomiti Race. Come ho fatto la Nove Colli non posso nemmeno pensare di fare il lungo, altri 1000 metri e oltre di dislivello sarebbero impossibili, se andro’ sara’ per fare il percorso corto, molto dipendera’ da come si sistema il ginocchio e se riusciro’ a fare un po’ di carico in questo mese.
Il pagellone:
Meteo: 8. Alla fine non e’ piovuto, la temperatura era ideale per pedalare e alla fine e’ pure uscito il sole. Solo le strade umide in discesa hanno reso alcuni punti piu’ insidiosi, anche per la presenza di foglie e petali fatti cadere dal vento.
Pacco gara: 6. Bella la maglietta, ma niente altro se non la borraccia da 750ml, utile. Visto il costo dell’iscrizione ed i numerosi sponsor, forse uno sforzo in piu’ lo si poteva fare.
Strade: 6.5. Hanno asfaltato alcuni punti, tra cui la discesa di San Leo, rendendola molto piu’ sicura. Per assurdo il pezzo di strada peggiore e’ quello sul tratto finale verso Gatteo e Cesenatico, che risentono dell’elevato traffico e della scarsa manutenzione. Per il resto devo dire che non ci sono grossi problemi.
Organizzazione: 8. Sempre al top. Non sono andato a ritirare i pacchi gara per cui non so se ci fossero intasamenti o altro, ma non ho sentito lamentele. Qualcosa di piu’ si potrebbe fare per il pasta party finale (vedi sotto).
Pasta party: 6.5. Quest’anno mi e’ un po’ scaduto, ed era uno dei punti di forza. Lunga coda per entrare, stand del pesce gia’ finito, la crostata doveva arrivare e un ‘cantante’ fastidioso sotto il tendone, fastidioso non tanto perche’ a mio avviso poco intonato, ma per un volume davvero troppo alto che rendeva difficoltoso parlare. Alla fine una piada con la salsiccia, un gelato e mezzo bicchiere di birra.
Incontri: 9. Quest’anno ho incontrato alcune persone con le quali solitamente interagisco tramite social. In primis Giancarla Agostini, che non sono riuscito a veder partire per la running ma che ho incrociato molto fortuitamente a Ponte Uso, lei che scendeva da Passo Siepi e io che andavo verso il Monte Tiffi, in un tratto di 200m in cui chi sale e chi scende condivide la stessa strada: davvero una bella coincidenza, poi l’ho ritrovata scendendo dal Gorolo. Altro incontro con Alessandra Toni, quest’anno con il marito Giovanni, un gregario di lusso da griglia rossa, con cui abbiamo fatto alcune chiacchiere e qualche chilometro assieme. Incrociata e salutata velocemente anche Alessia Piccolo, titolare della ditta di abbigliamento sportivo Ale’. E poi che dire del personaggio con la musica ? Se eravate nelle retrovie non potete non averlo incontrato e sentito, con la sua musica da spinning a tutto volume. All’inizio era fastidioso, poi pero’ ci si e’ fatta un po’ l’abitudine. Non troppa. Ultima, in ordine cronologico, la forte Anastasia Scheggia, che ho riconosciuta al pasta party:
Totale: 7. La Nove Colli e’ un evento, non solo una granfondo. Va vissuta per quello che rappresenta e per quello che porta con se’ e lascia dentro, aldila’ del percorso. Andare alla Nove Colli solo per fare la gara e’ riduttivo e si perde molto. Potremmo dire che la Nove Colli e’ la Romagna e ne incarna in tutto e per tutto i valori e l’essenza.