Maratona Dles Dolomites 2013: la marcia dei condannati


La mia partecipazione alla Maratona Dles Dolomites (Maratona delle dolomiti in ladino) ha radici lontane: la terra era un globo informe di roccia fusa quando…no, forse l’ho presa troppo alla larga, vediamo di ridurre un po’ il focus.


Ci provai l’anno scorso con l’estrazione, pagando l’obolo di due euro a fondo perduto richiesti al momento della domanda ma purtroppo senza successo, per cui ho ritentato per l’edizione 2013, questa volta piu’ furbescamente con la squadra, aumentando cosi’ come da regolamento le probabilita’ di partecipazione, e cosi’ e’ stato: estratto assieme a mio fratello e ad altri tre compagni di squadra.
Poche settimane dopo l’estrazione mi arriva un’email in cui un ragazzo, Nicola, chiedeva se ci fosse un pettorale libero perche’ aveva voglia di partecipare ma non era stato estratto. Rapida consultazione ed uno della squadra mi comunica di essere costretto a rinunciare: Nicola si iscrive alla squadra, come richiesto dal regolamento, e subentra. Siamo quindi in tre (gli altri due non partecipano). Parte la ricerca del posto dove pernottare, ma purtroppo ‘non c’era posto per loro negli alloggi’. No, il posto c’era, ma tutti volevano almeno tre notti e sarebbe stato stupido pagare delle notti delle quali non si sarebbe usufruito visto che l’idea era di partire sabato mattina e rientrare domenica sera. L’alternativa: il camper a noleggio. Rapido giro a La vie on road e prenotiamo l’ultimo camper libero per il weekend, strappando anche un prezzaccio. Definito l’alloggio non rimane altro che attendere. Ed allenarsi.
Il tempo passa ma purtroppo il giorno prima del via, mio fratello mi comunica che non puo’ partecipare per problemi lavorativi. Questo piu’ altri avvenimenti delle settimane prima va a scombussolare il mio equilibrio mentale tanto che alla fine la voglia di andare c’e’, ma non sono sicuro di cosa fare una volta sul percorso. Vista la possibilita’, io e Nicola decidiamo di partire venerdi’ pomeriggio per vedere di fare una sgambata perlustrativa sabato e fare tutto con comodo, per cui il 28 giugno ritiro il camper, passo a prendere Nicola e si parte destinazione La Villa.
Il viaggio passa tranquillo, Nicola e’ di buona compagnia e si chiacchiera piu’ o meno di tutto ma in particolare delle sue esperienze come maratoneta e la sua invidiabile partecipazione alla maratona di New York (di corsa). Ci fermiamo sul passo Gardena con l’idea di mangiare qualcosa ma, alle 21.30 il locale e’ gia’ chiuso (ci fermeremo poi nell’hotel pochi km dopo), non possiamo non notare pero’ come la temperatura sia decisamente bassa, vicino agli zero gradi ad occhio e croce e che il weekend sara’ piuttosto impegnativo anche dal punto di vista climatico: ed infatti inizia tra noi il toto-vestiario. Dopo cena arriviamo a La Villa e troviamo un bel parcheggio, sistemiamo il camper, accendiamo il riscaldamento, spegniamo la luce e in branda: Nicola in mansarda io nella cuccetta in alto perche’ quella in basso non e’ agibile per la presenza delle bici nel passaggio.
La sveglia suona presto per poter fare colazione e andare a ritirare i pacchi gara evitando il caos, ma scendendo dal letto perdo l’equilibrio e cado con il piede e ritrovandomi con il quarto dito del piede dolorante: mi dara’ fastidio a camminare, diventera’ viola e si gonfiera’, ulteriore colpo alla mia determinazione, ora davvero il problema non e’ piu’ che percorso fare ma se partire o meno visto che vado ritirare il pacco gara zoppicando.
Prima di andare, pero’, mi accorgo, com’era prevedibile, che il parcheggio e’ vietato ai camper e siamo da una parte fortunati per non aver preso la multa dai solerti vigili della zona, ma sfortunati perche’ era davvero un posto invidiabile, praticamente in griglia. Rapida ricerca quindi di un posto dove andare, ma non c’e’ nessun parcheggio libero e gratuito solo una zona attrezzata a poche centinaia di metri, per cui cambiamo locazione. Anche qui, piccola fortuna, il posto che andiamo a riempire e’ il penultimo disponibile, con presa di corrente, docce, bagni e possibilita’ di scaricare i serbatoi. A pagamento ovviamente.
Piccola polemica: non capisco perche’ ci debba essere tutta questa avversione verso i camperisti: chi ha il camper non va in hotel perche’ non trova da posteggiare, semplicemente cambia paese, viceversa se potesse parcheggiare liberamente in aree dedicate a costi accettabili (anche senza bagni, docce ed elettricita’, il camperista si adatta) sarebbe il cliente di supermercati e negozi.
Dopo la lunga coda al ritiro pacco gara (probabilmente abbiamo trovato il momento con maggiore affluenza), decidiamo di salire al passo Campolongo per testare un po’ la temperatura e muovere la gamba. Fa freddo, il termometro indica all’incirca 12/15 gradi, che in salita non danno molto fastidio ma che, in tenuta estiva, si fanno sentire in discesa, ed infatti arrivo al camper ghiacciato, ma fortunatamente il dito non ha dato molto fastidio, decido quindi che l’indomani saro’ in griglia, almeno per provarci, me lo devo, e lo devo a tante persone, tra cui il mio capitano rimasto a casa.
A cena ci abbuffiamo di patate e verdura e a letto presto.
Sveglia alle 4.45, colazione vestizione cercando di dare una soluzione al rebus ‘cosa indossare ?’. Nella borsa ho tutto a parte i pantaloni invernali e la maglia tecnica felpata, la scelta cade su intimo manica corta primaverile, pantalone estivo con mezzo gambale, manicotti, maglia estiva, giubbino invernale, sottocasco, copriscarpe in neoprene e quanti invernali, ma nonostante questo l’impatto con l’aria esterna e’ un po’ traumatico e le cose peggiorano quando entriamo in griglia e rimaniamo ad attendere il via. Non ne ho voglia, sono stanco e la testa e’ continuamente altrove, persa nei mille pensieri. Inizio a tremare in maniera vistosa, fatico anche a tenere la bici dritta nei primi metri tanto le braccia si muovono autonomamente, ma poi arriva il nostro momento di partire in direzione Corvara. Nicola e’ con me, la sua idea e’ di fare insieme la gara per godercela, ma io so gia’ come andra’ e gli dico di fare tranquillamente il suo ritmo, ed infatti gia dopo poche centinaia di metri dall’attacco del passo Campolongo, complice anche il traffico lo vedo allontanarsi e non ho voglia di andare a riprenderlo, non avrebbe senso, ha comunque una marcia in piu’.
Il Campolongo passa senza grande fatica, schivando alcuni intasamenti in cui qualcuno mette il piede a terra e le battute di ciclisti toscani che si mettono in luce per la goliardia, anche se le sensazioni non sono per niente buone e non accennano a migliorare, il freddo si sente e ancora di piu’ in discesa ma fortunatamente e’ breve. Arriva la prima, vera salita, verso il Pordoi, salita lunga che pero’ non presenta grandi difficolta’ essendo piuttosto pedalabile e costante ma la successiva discesa e’ freddissima, gelida e ricomincio a tremare tanto che poi, all’attacco del Sella non mi fermo a togliere il giubbino finche’ non esco dalla zona d’ombra. Raggiunto il passo Sella i dubbi ci sono ancora tutti sul da farsi, ma non sono piu’ se lungo o medio ma sto prendendo seriamente in considerazione l’idea di fare il solo sella ronda. Sara’ il passo successivo, il Gardena, a sciogliere almeno questo quesito facendomi optare per il medio visto che lo supero con sensazioni migliori. Discesa veloce, attraverso il bivio di Corvara e proseguo.
Di nuovo il Campolongo, che passa piu’ veloce del passaggio precedente, grazie alle gambe che ora reagiscono meglio ma soprattutto per l’assenza del traffico del primo mattino e via in discesa. Il freddo ora e’ meno pungente, in salita c’e’ caldo poi in discesa riesco a non mettere il giubbino e mi bastano i manicotti che alzo ed abbasso secondo le necessita’. Poi decido di fare la pazzia e al bivio opto per il percorso lungo, quello che mi dico e’ chiaro ‘Vaffanculo tutto, se ci riesco bene altrimenti torno col carro scopa, ma ci voglio, ci devo provare’. E via, invece di prendere la salita verso il Falzarego proseguo la discesa in direzione Cortina per andare ad attaccare la salita al passo Giau. La salita successiva e’ breve, 2,5km non facilissimi, tanto che vengo tratto in inganno pensandolo l’inizio della salita al passo mentre invece e’ solo il colle S. Lucia il Giau verra’ piu’ tardi, immancabile.
Il Giau merita rispetto, e’ una salita dura, che non molla mai, sempre attorno al 10% e piu’ volte sopra che sotto, ma mai un attimo di respiro, 10km di pura passione e fatica, la fila di ciclisti sembra una lunga marcia di condannati: sofferente e silenziosa, silenzio che nelle gallerie diventa surreale, non ci sono rumori di rapporti da scalare perche’ siamo tutti al massimo dell’agilita’. Qualcuno va a zigzag, qualcuno si ferma a respirare, altri si rinfrescano infilando braccia e testa in una fontana a bordo. Io proseguo, e’ difficile pero’ perche’ la testa a volte non ce la fa a reggere la pressione e verrebbe voglia di unirsi a coloro che sono a bordo strada, all’ombra, perche’ salita e sole stanno fando alzare la sensazione di caldo. I cartelli che indicano la distanza rimanente al termine della salita si susseguono, mai abbastanza rapidamente, e confronto tali distanze con quelle che deduco dal Garmin, cerco errori che mi dicano che no, non mancano ancora 8,5km, 7,5km, 6,5km ma che il passo e’ li, dietro quel tornante, cosa che immancabilmente non accade, tutto combacia, c’e’ da faticare ancora e quindi giu’ la testa tranne pochi momenti in cui guardo il panorama cercando ristoro nelle montagne, nelle valli e nei boschi che mi circondano. Ad un certo punto credo davvero che la salita sia finita, piu’ o meno ci siamo, ci dobbiamo essere e quella e’ la curva dietro la quale si cela il passo, ne sono davvero convinto ma quando vedo che in realta’ non e’ cosi’ e che ci sono almeno altri 500m/700m di salita da fare vengo preso dallo sconforto, ma dura poco perche’ ormai e’ li, stavolta si vede l’arrivo, il termine della salita, di questa marcia. E non c’e’ una sentenza di condanna per me.
Dopo una breve pausa mi butto in discesa, affianco uno dei tanti olandesi e gli chiedo com’e’ il Falzarego e mi risponde che non e’ duro come questo. Rinfrancato continuo a scenere in picchiata senza prestare attenzione a due ciclisti a bordo strada soccorsi dalle ambulanze.
In effetti il Falzarego non e’ duro, e’ pedalabile e non presenta strappi, tanto che mi stupisco che il cartello di inizio salita riporti una pendenza massima del 16% che io non trovo. La fatica pero’ si fa sentire, le gambe cominciano a reagire male alle sollecitazioni tanto che non riesco piu’ ad alzarmi sui pedali per muovere un po’ la schiena e dare respiro alle parti a contatto con la sella, se ci provo i quadricipiti si tendono e sono al limite dei crampi in entrambi i muscoli. Resto quindi seduto per quasi tutti i 10km circa della salita che passano piuttosto rapidamente (55 minuti contro i 77 minuti del Giau , che e’ un po’ piu’ corto) assieme all’ultimo strappo del Valparola: passato sotto lo striscione ormai e’ fatta, c’e’ solo la discesa che affronto al meglio che posso rilanciando e attaccandomi, nel tratto finale fino a La Villa, a due olandesi (gli ennesimi, oppure hanno tutti nomi simili).
Sul breve strappo nel centro di La Villa che porta sulla statale verso Corvara mi alzo sui pedali ma le gambe cedono e sento partire due fitte contemporaneamente nelle gambe, abbasso il rapporto, mi siedo, respiro, rallento, e dopo pochi secondo fortunatamente riesco a rintuzzare i crampi, mi immetto sulla strada e dopo degli interminabili minuti percorro gli ultimi 4km che separano La Villa dal traguardo di Corvara.
Nicola e’ arrivato molto prima, e’ gia’ all’area di sosta che sta per entrare in doccia. Mi faccio una pasta (non ho usufruito del pasta party, troppa confusione e troppa voglia di riposare), mi rilasso e poi partiamo per il ritorno, di nuovo il passo Gardena, ma stavolta la fatica la fa un motore diesel.
Ora pausa estiva, allenamenti leggeri, mare, moto, jazz, per tornare in occasione della GF Colnago.
Il pagellone

Pacco gara 7: per il costo e’ adeguato, con una bella maglietta. Ci sarebbe anche lo smanicato che viene consegnato a chi porta a termine la maratona, ma non l’ho ritirato perche’ non sono andato al pasta party, ed il capellino consegnato all’arrivo (oppure si poteva scegliere se ricevere indietro 10 euro). Nella foto manca una bottiglietta di spumante.
Organizzazione 9.5: potrebbe essere da 10 e lode, ma soffre l’elevato numero di partecipanti, con code al ritiro pacco e al pasta party. L’unica vera nota negativa e’ la strada che si e’ dovuta fare al termine della gara tra Corvara a La Villa, obbligatoriamente su una ciclabile sterrata: ho visto gente farsi 4km a piedi con la bici in spalle.
Strade 9: belle, con asfalto il piu’ delle volte ottimo e in qualche tratto steso nuovo. I panorami sono poi indescrivibili.
Sicurezza 10 e lode: la chiusura totale al traffico non puo’ che meritare il voto assoluto.
Voto finale 9: difficilmente migliorabile.
La mia gara 10: l’aver portato a termine il lungo, avercela fatta, per me e’ il massimo. Non potevo fare di piu’ nelle condizioni attuali e, probabilmente, anche se tutto fosse stato perfetto. Chiudo la parte importante della stagione estremamente soddisfatto, dopo avere portato a casa tutti gli obiettivi che mi ero preposto l’anno scorso.
Dati Garmin
Dati Strava

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