Succede. ‘Finche’ morte non vi separi’, ‘nella buona e nella cattiva sorte’, sono parole che oramai vengono si’ pronunciate, ma che spesso non hanno piu’ valore di una qualsiasi sequenza di lettere estratte a caso.
In questi giorni i lavoratori dipendenti sono chiamati a scegliere dove lasciare il proprio TFR (Trattamendo di Fine Rapporto o liquidazione), se nell’azienda oppure un fondo di categoria o un fondo aperto.
Questa riforma introduce grossi problemi per quanto riguarda il futuro dei lavoratori, in primis perche’ se ieri la previdenza di tipo ‘retributivo’ consentiva di ottenere una pensione molto vicina alle ultime buste paga piu’ un congruo TFR pari a circa una mensilita’ per ogni anno di lavoro (diciamo un 40mila euro), ora passando alla previdenza ‘contributiva’ il lavoratore va a riposo con una pensione rapportata a quanti soldi ha versato. In sostanza molto meno. La cosa che trovo fastidiosa e’ che e’ sparito il TFR. Dove e’ andato a finire ? Semplice, nel fondo che si e’ obbligati a scegliere in questi giorni, di conseguenza quando un lavoratore andra’ in pensione ne ricevera’ una parte dall’INPS grazie ai contributi versati e un’altra con la rendita del TFR, che non prende nella sua totalita’ ma che ha versato ai fondi. In sostanza, per avere (molto meno secondo i calcoli che fanno gli stessi sindacati, arrivando al 70% circa dello stipendio) una pensione piu’ bassa, si e’ perso il TFR. Un bel guadagno non c’e’ che dire. Vero e’ che se un lavoratore vuole puo’ recuperare una parte del suo TFR ed in alcuni casi in toto (dipende dal contratto collettivo sotto cui lavora), ma ovviamente la pensione diminuisce di conseguenza.
La domanda da porsi e’: perche’ i sindacati tacciono e anzi, spingono per passare ai fondi di categoria ? Semplicemente perche’ anche loro sono nella gestione dei fondi, e quindi hanno tutto da guadagnare se i lavoratori passano a queste fonti integrative.
Altro aspetto imbarazzante e’, e qui mi ricollego con il paragrafo introduttivo, che se uno sceglie un fondo questa decisione e’ irrevocabile. Ma come, quando uno si sposa produce effetti enormi sul patrimonio personale presente e futuro, puo’ avere dei figli e nonostante questo la legge gli permette di divorziare e cambiare moglie, ma i fondi no, quelli scelti il lavoratore se li deve tenere per tutta la vita. Se il coniuge tradisce o semplicemente e’ stufo e vede un possibile nuovo compagno piu’ bello e aitante, puo’ divorziare e cambiare, ma il fondo no, se anche inizia a rendere lo 0% il lavoratore se lo deve tenere, e questo con grosso danno alla propria, gia’ magra, pensione visto che sara’ calcolata proprio sui versamenti fatti e loro resa nel tempo.
Secondo me e’ una situazione intollerabile: il lavoratore e’ costretto a fare una decisione che lo leghera’ per tutta la sua vita lavorativa ad un’entita’ gestita da chi dovrebbe tutelarlo nella scelta. Ma il conflitto di interessi vale solo per le banche (e mi limito al settore finanziario) ? Chissa’ se un giorno si potra’ divorziare anche dai fondi pensione o se questo sara’ si’ ‘finche’ morte non vi separi’. Morte di fame, suppongo.