Cicloturismo 2025: La Provenza, all’ombra del Mont-Ventoux

Copertina

Ma i ragazzi sono in strada, i ragazzi stanno bene
Non ascoltano i consigli e hanno il fuoco nelle vene
Scaleranno le montagne e ammireranno la pianura
Che cos’è la libertà? Io credo: è non aver più paura [Negrita – “I ragazzi stanno bene”]

“Dove si potrebbe andare l’anno prossimo ?”
Inizia sempre così la programmazione di un nuovo cicloviaggio, e spesso la domanda si pone al termine di un cicloviaggio. L’anno scorso abbiamo fatto i mari del Salento e quindi volevamo tornare a pedalare all’estero, anche perchè le condizioni di viaggio in bici tra Italia ed estero sono purtroppo tutte a favore dell’andare oltre confine. Ma ci ritorneremo.

Le idee ci sono, si tratta solo di verificare dati alla mano le distanze e i dislivelli, le borse ed il fatto che, in ogni caso, il cicloviaggio dev’essere in primis un piacere.
“Che ne dici della Provenza ?”

Inizio così a stilare delle bozze di percorso ma purtroppo la zona ha molte zone collinari e questo diventa un problema, ma alla fine la decisione: lei userà la Cube a pedalata assistita così da potersi godere il viaggio senza troppe ansie, tanto alla fine questo è lo scopo, io opterò per la mia MTB specy StumpJumper anni 80. Scelta alla fine azzecata perchè in questo modo ci si può concentrare più sul percorso senza grossi limiti, potendo decidere qualche deviazione in più. Ad esempio, consci che il periodo della lavanda è praticamente finito ovunque tranne in una zona un po’ in altura possiamo tentare di andare a vedere, nonostante si debba salire qualche centinaio di metri.

Le bozze di viaggio vengono quindi riviste e sistemate, alla fine ne viene fuori un percorso all’interno del parco naturale regionale del Mont-Ventoux, con alcuni spunti legati al nostro amato Vincent Van Gogh.

Il viaggio

Partendo dal presupposto che non mi piace guidare, cerco sempre di evitare viaggi che necessitino di usare l’auto, ma in questo caso, come nel giro in Olanda, purtroppo non ci sono alternative valide, per cui carichiamo tutto sulla fida auto e alle 5.30 del mattino partiamo per i 700km di strada che ci separano da Arles, da dove inizieremo il cicloviaggio. A parte il prevedibile casino in zona ligure, tutto procede bene, e nel pomeriggio alle 14.30 arriviamo presso l’hotel Noemy’s, dove dormiremo la prima notte e dove ci terranno l’auto parcheggiata a modico prezzo (in realtà poi non hanno voluto nulla). Con molta calma scarico le bici e sistemiamo le borse. Cena veloce nel vicino Burger King e poi a nanna.

Giorno 1: Arles – l’Isles-sur-la-Sorgue

La giornata inizia con un bel sole e si prospetta piuttosto calda, anche a vedere gli allerta meteo che danno allarme arancione per le temperature alte, che qui chiamano “canicule”. Gli avvisi sono i soliti: “evitare di fare attività all’aperto, stare in ambienti freschi, bere…”, tutte cose che ovviamente non ci possiamo permettere, ma c’è da dire che la prima ora si sta discretamente…poi il caldo inizia a farsi sentire, ma fa parte del gioco.

Come sempre uscire dalle città è un problema, perchè le tracce sul Garmin 530 che uso si perdono e confondono mentre il Mio Cyclo 200 che usa la mia compagna di viaggio risulta inaffidabile [molto probabilmente per degli aggiornamenti mappe non completamente riusciti], ma poco dopo riusciamo a prendere la giusta direzione.
Saliamo a Les Baux-de-Provence lungo una strada molto bella, sebbene le salite con le borse non siano mai agevoli, soprattutto l’ultima parte quando il Garmin mi dice “salita finita” mentre questa continua per quasi un altro chilometro, e proprio quando il sole inizia a picchiare, però davvero la strada merita. Bella anche la discesa che ci porta a Saint Remy dove pranziamo alla solita modalità “trova un supermercato e vai di panino”: la scelta dell’affettato con questo caldo non è delle più azzeccate, ma non so se l’arsura seguente sia davvero dovuta a questo o solo al caldo o ad una combinazione delle due…decido però che i giorni successivi eviterò l’affettato.
Ripensando un attimo ci accorgiamo di avere saltato una delle tappe che ci eravamo prefissi: il manicomio in cui Van Gogh aveva chiesto di essere ricoverato, decidiamo quindi di tornare indietro per qualche chilometro ed effettivamente ne è valsa la pena. Colpisce l’ambiente piuttosto scarno (come ci si aspetta da un edificio dell’epoca) ma anche dell’esterno, che fa a pugni con le esplosioni di colori che l’artista trasferiva sulle tele, a dimostrazione che nel suo caso il colore era più la trasposizione di ciò che aveva nella testa, e non una rappresentazione della realtà degli impressionisti. Qui è possibile vedere la famosa “camera di Vincent”:

Camera di Vincent Van Gogh ad Arles

Camera di Vincent Van Gogh ad Arles

Riprendiamo a pedalare sotto un sole ed un caldo quasi asfissianti, e nel tardo pomeriggio arriviamo a Le Thor presso l’Hotel Saint Louis, che offre una bella piscina (di cui non usufruiremo per mancanza di tempo). Una cosa che ci ha colpiti è la mancanza di un efficente servizio di trasporto pubblico: gli autobus terminano le corse prima delle 20 e non c’è un servizio taxi, e l’hotel nonostante venga indicato anche come ristorante, ha il servizio non funzionante, per cui siamo costretti ad andare in centro a L’Isle-sur-la-Sorgue…ma come ? Fortunatamente l’addetta dell’hotel fa qualche chiamata e ci procura un tassinaro, un po’ Uber un po’ non si sa, che ci porta in città e poi ci riporta indietro al termine della serata. Molto bella la cittadina, con il canale che passa in mezzo e su cui si affacciano numerose gelaterie, ristoranti e bistrot, il costo del tassinaro è stato ben speso. Cena con un gelatone davvero buono.

 

Giorno 2: L’Isle-sur-la-Sorgue – Rustrel

Il secondo giorno, sulla carta, si presenta come piuttosto impegnativo, e alla fine sarà probabilmente quello di maggior difficoltà, per il caldo, ovviamente, ma soprattutto per la distanza, il dislivello ed il tipo di salite.
Partiamo dopo un’ottima (ed abbondante) colazione e facciamo una prima tappa dopo una decina di km a Fontaine de Vaucluse, un piccolo borgo bagnato da un fiume che alimentava una vecchia cartiera. Scendiamo a visitare un gruppo di negozietti raccolti all’interno di una struttura sotterranea. Ne approfittiamo per fare già una ricarica d’acqua alla fontana.
Ripartiamo da Fontaine de Vaucluse e la strada è davvero bella, costeggia il fiume, i colori sono bellissimi sotto la luce della tarda mattinata.

 

Vaucluse

Ponte appena fuori Vaucluse

La meta successiva è Gordes, paese arroccato sopra una bella salita, ma che sarebbe meglio fare senza borse e magari con una bici da corsa, perchè alcuni tratti sono piuttosto ostici, ed in effetti i turisti in auto che ci guardano pedalare sotto il sole cocente credo provino un misto di pietà ed ammirazione. Il paese non ha niente di particolare, infatti siamo saliti fin qui per vedere l’Abbay de Notre Dame, per cui dopo avere bevuto ed esserci rinfrescati al bagno pubblico (piuttosto diffusi e devo dire in ottime condizioni) affrontiamo il proseguo della salita per altri 4km circa, ma l’abazzia la vediamo solo dall’alto perchè i campi di lavanda che la circondano sono, come previsto, già stati tagliati.
Torniamo indietro quindi a Gordes per il pranzo sempre a base di panini, stavolta però baguette con philadephia e pomodori, scelta che ripeteremo anche nei giorni successivi.
Il grosso del dislivello e della difficoltà dovrebbe essere fatto, ma il Garmin non inganna, ed il dislivello che manca è tutto fatto di salite più o meno brevi, ma la strada non è mai pianeggiante, passando per le montagne di terra ocra di Rousillon e dove anche le case riprendono la stessa colorazione. Arriviamo a Rustrel, destinazione della giornata, ancora in salita e, dopo aver fatto un po’ di fatica a trovare l’alloggio Chambres d’Hotes l’Orange blue dove abbiamo prenotato, inizia a piovere: un acquazzone che dura pochi minuti, fortunatamente, perchè dobbiamo mangiare, attorno non c’è poco e quel poco che c’è è chiuso, unica cosa che risulta aperto ancora per poche decine di minuti è un piccolo minimarket nel piccolo paese da cui distiamo un chilometro e mezzo. Dopo una cena in modalità pic-nic seduti per terra nella camera a due piani andiamo a visitare il rinomato Colorado Provenzale: purtroppo per l’ora tarda non ce la sentiamo di fare il giro lungo ma optiamo per quello più corto da 45 minuti che non passa dai “camini delle fate”, ma comunque molto molto bello, anche perchè essendo sera e dopo la pioggia eravamo praticamente solo noi due.
Colorado Provenzale

Colorado Provenzale

Ricordare per la prossima volta: mettere abbondante repellente per insetti.
 

Giorno 3: Rustrel – Carpentras

Ci svegliamo con il meteo nuovamente sereno dopo le nuvole e l’acquazzone della serata precedente, facciamo un’abbondante colazione, libero le bici da un telo protettivo e ci prepariamo a partire. Il Garmin segnala: “prossima salita a 0m, lunghezza 17km”, e infatti così è…si inizia a pedalare in salita, non estremamente difficile ma “con le borse non ci sono salite facili”, e la lunghezza si fa sentire. Dopo poco, però, gli insetti non identificati che ci volano attorno consigliano una sosta per spruzzarci di repellente, e poi si prosegue senza ulteriori fastidi. La strada è davvero bella, si sale, si fugge un po’ dal caldo, e sembra di essere in alta montagna passando da Semiane la Rotonde,
Ad un tratto vediamo comparire all’orizzone il Mont-Ventoux, maestoso nella sua lontananza e particolarità il monte calvo ci farà compagnia durante una buona parte di questa tappa.

Mont Ventoux

Il Mont Ventoux in lontananza

Arriviamo nella bella cittadina di Sault, dove ci fermiamo come previsto, a pranzare in un parchetto, all’ombra di grossi alberi con una magnifica vista sulla pianura (in realtà altipiano visto che siamo a circa 800m di altitudine) circostante. Qui incrociamo parecchi ciclisti che partono e arrivano dal Mont Ventoux, evidentemente una tappa di passaggio.
Proseguiamo poi lungo una strada pianeggiante ma poi prendiamo una salita di pochi chilometri per arrivare al passo del Belvedere le Castelleras, da dove si ha una bellissima vista e, soprattutto, dove la D942 inizia a scendere: una discesa bellissima, in costa, poco pendente per cui si scende mai a velocità elevata ma giusta per gustarsi il panorama sul canyon che costeggiamo, 17km di discesa da gustarsi con qualche breve sosta per fare qualche foto.
Arriviamo così a Carpentras, il nostro alloggio presso l’affittacamere l’Ilot de Carpentras, che troviamo solo dopo venti minuti di ricerca, confrontando le foto pubblicate su booking, perchè non c’era alcuna targa o segnalazione. Boh. Comunque l’alloggio non è male, a noi alla fine va bene tutto, o quasi.

 

Giorno 4: Carpentras – Orange

La notte non è ottimale perchè il letto non è comodissimo e si dorme un po’ pochino (io dormo sempre poco e male fuori casa), ma facciamo comunque un’ottima colazione, poi partiamo un po’ in ritardo visto che il proprietario friulano (simpatico) sfoga con noi il suo desiderio di parlare la lingua natia, ma oggi ci aspettano relativamente pochi km in buona parte sulla “via Venaissia”, una ciclabile bellissima anche se un po’ monotona (come in genere tutte le ciclabili di pianura) ricavata da una ferrovia dismessa dove anche qualche stazione è stata convertita in bicigrill.

Arriviamo a Carpentras, l’alberto Le Glacier dimostra un po’ l’età (un po’ tanto a dire il vero, ma forse sono camere che danno a chi ha voglia di spendere poco…o hanno standard diversi dai nostri). La sera abbiamo anche la bella sorpresa che lo sciacquone è bloccato. La cittadina comunque è carina, con un antico teatro dominato da una collina. C’è un bel po’ di gente, e poi infatti scopriamo che quella è la prima serata di un trittico dedicato alla musica elettronica/dj set, il Positiv Festival , che richiama migliaia di ragazzi tanto che sembra che tutte le serate siano sold out. Questo rende la cittadina particolarmente viva e spumeggiante, con personaggi anche piuttosto border line. Facciamo un po’ fatica a trovare dove cenare (anche perchè sono piuttosto scassamaroni in questo senso) e alla fine optiamo per un locale che si rivelerà buono ma piuttosto caro: pazienza, è ferragosto e va bene così.

 

 

Giorno 5: Orange – Avignone

La mattina inizia già con un bel caldo, e andiamo a fare colazione in una patisserie perchè non abbiamo preso quella, costosa, dell’hotel. Anche oggi tocca una tappa comoda, visto che vogliamo poi visitare Avignone, nostra destinazione odierna.
Prima tappa Châteauneuf-du-Pape per visitare i resti di un castello da cui si gode di un bel panorama, ma per arrivare si attraversano chilometri e chilometri di vigne, belle, cariche, tutte di uva nera e, cosa mai vista, piantate su un terreno sassoso. Incrociamo un proprietario che esce da una strada laterale lo saluto e mi complimento per il bel vigneto, e lui ci invita ad assaggiare pure alcuni acini, cosa che facciamo molto volentieri: un’uva dolcissima e buonissima, con un retrogusto di uva sultanina.

Uva

L’uva sulla strada per Chateneuf-du-Pape

Giusto per avere un po’ di energia per salire al castello, perchè ovviamente si trova in fondo ad una strada in salita che esce dal paese.
Usciti dal paese entriamo in un’altra ciclabile che si affianca al Rodano, la via Rhona, che ci porterà proprio ad Avignone, con dei bei tratti alberati e la possibilità in alcuni punti di poter fare il bagno. Bella la passerella ciclabile sospesa.

Ponte

Il ponte sospeso della ciclbile sul Rodano (Via Rhona)

La città merita il tempo che le abbiamo dedicato, con la visita al Palazzo dei Papi con una interessante videoguida a realtà virtuale e aumentata che mostrano i locali con addobbi e personaggi vestiti d’epoca. Vale la pena salire anche sulla torre per gustare la vista della città dall’altro e anche dal ponte a metà.
Cena con pizza alla pizzeria Amici con forno a legna, veramente molto buona così come la birra.

 

Giorno 6: Avignone – Nimes

Partiamo anche da Avignone dopo aver chiacchierato per alcuni motociclisti milanesi che sbarcati a Barcellona hanno fatto il giro dei Pirenei. Anche oggi senza colazione, ma con l’idea di andare in un locale con cartello “petit dejeuner” avvistato la sera prima ma lo troviamo chiuso. Poco male perchè appena attraversato il Rodano troviamo un locale aperto per fare rifornimento prima della tappa.
Dovrebbe essere una giornata media, buona distanza e giusto dislivello con un po’ di sterrato in mezzo ai campi con ampie coltivazioni di girasoli, alcuni appassiti, altri ancora fioriti.

Girasoli

Campo di girasoli, persi nei campi. Come noi.

Arrivati ad una rotonda ci accorgiamo che pero’ la traccia che ho caricato sul Garmin non comprende le ultime modifiche che avevamo previste, che ci avrebbero portato a vedere Pont du Gard, per cui siamo costretti ad improvvisare e seguire i cartelli stradali proseguendo lungo una statale piuttosto affollata: c’erano i cartellini per la ciclabile ma non conoscendo la zona non ci siamo fidati. Comunque, statale in leggera salita per una decina di km che ci ha portato al ponte, trovato non senza difficoltà data la scarsità di cartelli, eppure è un posto rinomato.

Pont du Gard

Pont du Gard

Pranziamo con dei panini confezionati presi in un locale, ma almeno ci sono la Coca Cola ed un buon gelato a compensare. Poi ripartiamo, stavolta riusciamo a prendere la ciclabile che affianca la statale fatta in precedenza e ritorniamo più o meno alla rotonda di partenza, da li la traccia inizia ad essere problematica, facendoci fare parecchi sterrati, più o meno facili ed in alcuni tratti troviamo che proprio manca la strada, in un altro finiamo contro un cantiere ferroviario per una nuova linea e siamo costretti a improvvisare zoomando sul Garmin e, in qualche modo, arriviamo al B&B Hotel Nimes Centre Arenes, con un bel po’ di polvere addosso.
L’hotel è buono, ha uno spazio in garage per le bici e, nonostante l’addetto della reception si ostini a parlarmi in spagnolo alla fine ci si capisce.
La città è molto bella, andiamo a piedi sempre per il problema del trasporto pubblico locale ma si tratta di fare una ventina di minuti a piedi, un modo anche per capire cosa c’è nei dintorni e la presenza di minimarket dove fare scorta di acqua. Non visitiamo l’arena ma ci limitiamo a vederla da fuori, optiamo per andare a vedere la Tour Magne e la Maison Carrée, osservando come sia tutto molto pulito. C’è un bellissimo parco che sovrasta la città, molto vissuto dai cittadini che li trascorrono il tempo libero in cui vale davvero la pena perdere del tempo.

Canale di Nimes

Il canae di Nimes con la fontana

Cena al Bar Joe, a base di un ottimo hamburger e ottima birra.
 

Giorno 7: Nimes – Montpellier

Ultimo giorno pedalato, distanza di rispetto e con un buon dislivello. Partiamo dopo un’eccellente colazione, ma la traccia ci porta in una zona un po’ degradata della città dove ci sono roulotte e rifiuti abbandonati: ok strade secondarie, ma qui stiamo un po’ esagerando. Ad un certo punto la strada termina chiusa da un cumulo di macerie e rifiuti per cui siamo costretti a tornare indietro e proseguire per una strada alternativa e recuperiamo presto la traccia che ci porta in una bellissima ciclabile, lunga e segnalata sulla quale incrociamo qualche ciclista. Piccola deviazione per evitare un paese in cui stavano allestendo una qualche manifestazione con i tori: da quello che s’è capito chiudono il paese con dei recinti e poi lasciano liberi i bestioni, non so per quale motivo e quale sia il “gioco”, ma i tori in questa zona sono molto presenti e numerosi sono i cartelli che indicano varie feste paesane in cui sono protagonisti.

Manifesto tori

Manifesto tori

Riusciamo a trovare da mangiare in una boulangerie presso Saint-Christol, un paese appena fuori la ciclabile che sembra fantasma (come in genere tutti i paesi che si attraversano…) se non fosse per qualche avventore del bar locale che ci guardano come alieni: panino con pollo e verdure, coca cola ed anche un discreto caffè, cosa piuttosto rara, che consumiamo su un mini parchetto proprio prospicente, dotato anche di una comoda fontana a manovella per l’acqua potabile. Io sarei stato più tentato dal pollo allo spiedo che  un furgone ambulante parcheggiato davanti alla boulangerie vendeva, ma la scelta del panino era sicuramente più pratica e in ottica pedalata anche più digeribile.
La strada passa rapida, alcuni tratti in sterrato, ma niente di problematico a parte un passaggio di un paio di chilometri lungo una specie di tangenziale o comunque strada ad alto scorrimento, non vietata perche’ nonci sono cartelli ed altri ciclisti la percorrono in senso opposto, ma non offre certo il senso di sicurezza di una secondaria, e nel pomeriggio siamo a destinazione presso l’Appart’City Confort Montpellier Saint-Roch, che più che un hotel sono dei micro appartamenti con tanto di angolo di cottura, molto pratici soprattutto se si vuole risparmiare sul mangiare.
Usciamo a visitare Montpellier che è davvero una bella città, con grandi edifici, un centro vitale con esercizi aperti e tanta gente a riempire l’enorme Esplanade Charles de Gaulle. Molto belli anche i giardini che dominano la città attraversati dalla promenade du Peyrou, con l’acquedotto romano di Saint-Clement.

Acquedotto Saint-Clement

Acquedotto Saint-Clement

Cisterna dell'acquedotto di Saint-Clement

Cisterna dell’acquedotto di Saint-Clement

 

Giorno 8: Montpellier – Arles

Giornata di rientro ad Arles con trasferimento in treno, di cui abbiamo preso i biglietti (compresi quelli per le bici) con ampio anticipo per non trovarci in difficoltà. Arriviamo alla stazione piuttosto presto, nel caldo soffocante di mezzogiorno reso leggermente sopportabile dai nebulizzatori. Arriva il treno e ci accorgiamo che non è come ce lo aspettavamo: sono un tipo con concezione piuttosto vecchia, con porte strette e gli scalini per salire nel vagone per il trasporto bici, per cui in fretta e furia dobbiamo caricare bagagli e mezzi, e una volta a bordo ho a che ridire con la capotreno perchè pretendeva che appendessi la bici elettrica, cosa impossibile viste le dimensioni: alla fine la sistema lei senza appenderla. Tutto procede bene a parte che me ne sto in piedi, fino al momento di scendere quando si presenta una ragazza che pretendeva di passare davanti a tutti per tirare giù la sua bici “perchè c’è poco tempo per scendere, la mia bici è pesante, ho i bagagli”, ovviamente non era l’unica e bisogna spostare tutto per farle spazio, ma per non discutere ho lasciato che facesse e si togliesse dalle scatole.
Scena melodrammatica nella stazione di Arles, che per causa lavori aveva gli ascensori non agibili (io onestamente non ho proprio visto gli ascensori), per cui stacca i bagagli dalle bici, porta giù tutto dalle scale per il sottopasso e poi riporta su dalla parte opposta, nel frattempo una famiglia di anziani inglesi non sapevano come fare con le loro valigie (che parevano più un trasloco che un bagaglio), per cui ho preso pure le loro, porta giù e porta su, poi arriva una signora di almeno 150kg su una sedia motorizzata accompagnata da una donna più o meno della stessa stazza, anche loro con bagagli, per cui ho preso anche i loro bagagli porta giù e porta su. Fortunatamente le due signore sono state in grado, con molta fatica, di fare le scale in autonomia, o si sarebbero dovuti chiamare i pompieri.

 

 

 

Prima di rientrare all’hotel della partenza, facciamo una breve deviazione per visitare il ponte di Van Gogh, non molto distante. Sarebbe bello ed anche ben conservato, se non per il fatto che, a differenza di molti altri siti, non è molto curato, con delle transenne davanti a rovinare lo scorcio.
Ponte Van Gogh ad Arles

Anche il caffè dipinto nel celeberrino “Le cafè de nuit” è trasandato, quasi abbandonato, con un manifesto a deturparne la facciata. Davvero un peccato.
Ed è strano perche’ i francesi di solito valorizzano fin troppo ciò che di bello hanno. E’ sempre bello rivivere gli spazi, l’aria e l’atmosfera protagoniste di un artista come Van Gogh.

Cafè de nuit

Cafè de nuit

Cafè de nuite frontale

Cafè de nuite frontale

Da segnalare come la città pur non vivendo sul passato che il celebre artista le ha consegnato, ha moltissimi laboratori, negozi e atelier d’arte, soprattutto fotografica, con tanto di mostra sulla street photography.

Il rientro

L’auto è già carica delle bici dalla sera prima, quella sul portabici esterno ha dovuto passare la notte sotto una pioggia fitta per una perturbazione arrivata la sera precedente ma al mattino è solo cielo coperto con qualche momento di pioggia leggera. L’idea era di andare a fare le gole del Verdon, dove abbiamo prenotato un barchino elettrico ma c’è un po’ di titubanza, decidiamo comunque di andare, allungando un po’ la strada e decidere poi sul momento il da farsi. La scelta è vincente, perchè pur trovando alcuni tratti di pioggia, la strada è molto bella anche in auto (vedo dei cartellini di percorsi ciclabili e incrociamo un paio di coppie in cicloturismo sotto l’acqua, bravi) ma quando arriviamo il cielo è solo coperto, la pioggia ha lasciato spazio ad un’aria fresca e pulita. Prendiamo quindi il barchino e ci facciamo un bellissimo giro di tre ore nella gola: 50+50km di deviazione ma valgono veramente la pena.

Poi riprendiamo l’auto e dopo un (bel) po’ di ore anche il rientro termina, mettendo la parola fine ad un clicloviaggio di 431km e 3422m di dislivello positivo.

Conclusioni

Un viaggio molto bello in una zona che merita di essere visitata in quella modalità lenta che solo la bici regala. Il periodo non era giusto, bisognerebbe andare in primavera quando la lavanda regala i suo spettacolo migliore e le temperature sono più tollerabili. Certo, abbiamo trovato un caldo straordinariamente esagerato, che non ho mai sottolineato nelle varie tappe ma che ne è stato indubbio protagonista, con il Garmin arrivato a segnare anche 43 gradi, oltre quattro litri d’acqua a testa al giorno solo durante le ore pedalate e abbondante crema solare protezione 30, però comunque la Provenza in agosto è calda, quindi meglio optare per altri periodi. La scelta della bici a pedalata assistita per la mia compagna di viaggio è stata vincente, perchè il percorso collinare con salite anche lunghe, anche senza il caldo eccezionale sarebbe stato quasi impossibile da portare a termine, invece così ci si è tolta l’ansia, anche lei s’è goduta appieno il paesaggio assaporando ogni chilometro, pure il più impervio.
Abbiamo attraversato posti bellissimi come il canyon della D942, zone rurali, strade di campagna, paesi più o meno grandi, il tutto senza ansia del traffico (sempre comunque molto basso sulle strade pedalate, probabilmente anche a causa del periodo festivo), spesso su ciclabili dedicate. Extra anche le gole del Verdon, che meritano una visita.

Le tracce GPX che potete, eventualmente, scaricare da Strava sono ovviamente quelle realmente percorse, compresi eventuali errori. Vi consiglio quindi di riguardarle con un software come GPS track editor per evidenziare le deviazioni inutili.

La Francia si conferma come un paese amico dei ciclisti (unico neo il treno): mai un clacson nonostante fossimo lenti ed ingombranti, mai un sorpasso a raso, gli altri veicoli li vedevo con lo spacchietto attendere che la corsia opposta fosse libera, mettere la freccia, spostarsi e superare a velocità di sicurezza, tutte cose impensabili in Italia. Le strade sono quasi sempre perfette, spesso hanno lo spazio per le bici, le rotonde sono fatte correttamente a bordo della strada senza far fare zigzag sui marciapiedi per attraversare sulle strisce pedonali, ma è proprio il senso di rispetto e civiltà, lo stesso che abbiamo trovato negli altri cicloviaggi in giro per l’Europa che stupisce come da noi tutto ciò sia impossibile.

Un paio di esempi:

  • una strada piuttosto trafficata, direi una statale, dove la corsia per gli autobus è condivisa con le bici nel tratto in salita, così da rendere più sicuro il transito delle bici. Se qualcuno pensa sia pericoloso avere bus e bici insieme nella stessa corsia, ebbene no, perchè come ci è capitato, il bus arriva, mette la freccia e sorpassa usando l’altra corsia.
Corsia condivisa

Corsia condivisa con gli autobus

  • strada con doppia ciclabile e corsia per auto in comune per entrambi i sensi di marcia, che avevo già visto in Olanda ed in Danimarca. Una cosa impensabile in Italia, dove se la strada è stretta semplicemente non si fa la ciclabile, ma si tengono le due corsie per le auto.
Corsia condivisa

Corsia veicoli in comune

Cartello corsia veicoli in comune

Cartello corsia veicoli in comune

 

Unica cosa che sarebbe da migliorare nelle ciclabili, e che accomuna un po’ tutte le infrastrutture di questo tipo, è che tendono ad evitare i paesi e le città, e può andare bene, ma sarebbe meglio che venissero indicati con un cartello eventuali deviazioni a paesi vicini (alcuni ci sono, ma sono rari), magari con la segnalazione di fontane d’acqua o market.

E’ un peccato che l’Italia, con tutto quello che avrebbe da offrire al cicloturismo, sia ferma al palo, senza infrastrutture che non siano le due o tre fiore all’occhiello come la ciclovia del sole da Verona alla Germania, manca la mentalità, e manca il rispetto. Peccato.

 

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